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Accademia di Teatro Senior
- dai 16 anni in poi
Accademia di Teatro Junior
- dagli 11 ai 15 anni
Corso di Teatro bimbi
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Corso di Teatro ragazzi
- dai 9 ai 12 anni
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Un esperienza molto ricca di emozioni e divertimento.
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NOI NON PRENDIAMO SOLDI DA COMUNI, REGIONI, MINISTERI O COMUNITA' EUROPEA!
Tutto ciò che produciamo e sostenuto dall'autofinanziamento dei soci che partecipano ai nostri corsi ed al pubblico che vede i nostri spettacoli.
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Contattaci e ti esporremmo le nostre idee!
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Tutti gli spettacoli prodotti dalla compagnia dal 1998 ad oggi
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Eccovi tutte le produzioni (le sottolineate sono state prodotte per il Teatro Giulanco di San Cesareo) della nostra compagnia, tutte corredate di locandine originali e programma di sala.
Per noi è un pò, come dire, il nostro album dei ricordi.....anche se stiamo ancora lavorando su questa sezione del sito...
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Robin Hood il musical (marzo 2019)
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Quel gran tesoro de mi cognata febbraio/marzo 2019
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Canto di Natale dicembre/gennaio 2019
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Delitto al castello (saggio accademia adulti) novembre 2018
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Addio Roma (saggio ragazzi) giugno 2018
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Angeli tra i banchi (saggio bimbi) giugno 2018
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Peter Pan il musical marzo/aprile 2018
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Me sposo chi me pare febbraio 2018
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Che caciara sti romani gennaio 2018
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Martìn contro Martìn - ovvero La guerra di Martìn 2 dicembre 2017
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Confusioni (saggio accademia) novembre 2017
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Sogna Ninè (saggio ragazzi) giugno 2017
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Attenti al segnale (saggio bimbi) giugno 2017
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Lisistrata (saggio Istituto Professionale) maggio 2017
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Bed and Breakfast all'italiana ovvero il trullo tricolore maggio 2017
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Non tutti i ladri vengono per nuovere aprile 2017
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Amleto febbraio 2017
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L'Albero de Natale gennaio 2017
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Bed and Breakfast all'italiana ovvero il trullo tricolore dicembre 2016
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La strana coppia - VF novembre 2016
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8 pericolose simpatiche donnette novembre 2016
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Sogno di una notte di mezza estate (saggio bimbi) giugno 2016
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C'era una volta una fiaba (saggio bimbi) giugno 2016
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Non tutti i ladri vengono per nuocere maggio 2016
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monologhi d'autore aprile 2016
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E' finito er Temporale gennaio 2016
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Rumori fuori scena dicembre 2015
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L'albero de Natale novembre 2015
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8...7 donne e un mistero novembre 2015
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The Bad Big Brother (saggio bimbi) giugno 2015
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E' finito er Temporale maggio 2015
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La Bella e la Bestia maggio 2015
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Monologhi d'Autore aprile 2015
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La notte dei vivi morenti gennaio 2015
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Sogno di una notte di mezza estate novembre 2014
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A Salisburgo per l'eclissi giugno 2014
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Caccia al tesoro (saggio bimbi) maggio 2014
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Il fantasma di Canterville maggio 2014
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Niente sesso, siamo inglesi! marzo 2014
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Questioni d'affari gennaio 2014
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Il soliloquio magiKo giugno 2013
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Attento alla cioccolata, Callaghan! giugno 2013
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Grande come un piccolo principe (saggio bimbi) giugno 2013
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Liolà aprile 2013
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La guerra di Martin novembre 2012
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Andy & Norman luglio / ottobre 2012
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Streghe da Marciapiede Giugno 2012
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La febbre del sabato grasso (saggio bimbi) Maggio 2012
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Miseria bella maggio 2012
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Sarto per signora marzo 2012
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riDelitto al castello gennaio 2012
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Il nudo e la nuda luglio 2011
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Delitto al castello giugno 2011
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Peter Pan (saggio bimbi) giugno 2011
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Pinocchia aprile 2011
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La Guerra di Martìn gennaio 2011
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La strana coppia giugno 2010
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Il clan delle vedove giugno 2010
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Alice nel paese delle meraviglie maggio 2010
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Uomini senza donne gennaio 2010
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A piedi nudi nel parco novembre 2009
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Non ti conosco più giugno 2009
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Ora no Tesoro maggio 2009
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Non tutti i ladri vengono per nuocere febbraio 2009
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La Locandiera gennaio 2009
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Ho sposato sette donne giugno 2008
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Barone Lamberto giugno 2008
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Il Fantasma di Canterville giugno 2008
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Il mercante di Venezia marzo 2008
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Camere da letto aprile 2006
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Angeli all'inferno gennaio 2006
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Progioniero della II strada 2004
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Lavoro in città 2004
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Streghe da marciapiede 2003
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La guerra di Martin 2000
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Il consensiente ed il dissenziente 1998 - 1999
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MONOLOGHI D'AUTORE - direzione registica di Claudio Tagliacozzo e Micaela Sangermano
NOTE DI REGIA
Ognuno di noi ha una storia e fa un viaggio, quello della propria vita. I momenti, le fasi, le esperienze delle persone che incontriamo si intrecciano alle nostre e ci fanno diventare quello che siamo, ogni giorno diversi, nuovi. E allora oggi abbiamo anche noi delle storie per voi, sarete voi il nostro spettacolo, il nostro viaggio: i vostri occhi, i sorrisi, le sensazioni che ci darete ascoltandoci, renderanno le nostre storie ogni volta diverse ed irripetibili. Protetti dall’atmosfera magica del teatro, non ci sarà più distanza tra il palco e la realtà, saremo tutti parte di un unico grande mondo, pieno di gioia, dolore, riso e pianto.
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“ RUMORI FUORI SCENA” di Michael Frayn - Regia di Claudio Tagliacozzo
Rumori fuori scena è un’irresistibile e pluripremiata commedia inglese. Dal suo debutto ad oggi, ha fatto divertire milioni di spettatori ed ha raggiunto un numero di messe in scena e di repliche tale da spingerla in vetta alla classifica delle commedie più rappresentate al mondo.
Considerato il capolavoro comico per eccellenza, è scandita da un ritmo inarrestabile che porta lo spettatore a ridere fino alle lacrime.
Suddiviso in tre atti, è un riuscitissimo osservatorio sul mondo del teatro e sulle sue infinite, sorprendenti, e rocambolesche dinamiche interne.
Racconta di una Compagnia teatrale di buon livello impegnata a mettere in scena una farsaccia di serie B, “Con niente addosso”, diretta da un discreto regista, Lloyd.
I tre atti abbracciano un lasso di tempo che va dalla sera che precede il debutto, la famigerata prova tecnica, fino ad una delle ultime repliche.
Nonostante la buona volontà della Capocomica, Dotty Otley, di mettere assieme un cast valido, le immancabili raccomandazioni e amicizie di vecchia data, nonché gli amori e le gelosie che nascono in tournée, fanno sì che la Compagnia sia decisamente traballante, tanto da trasformare, replica dopo replica, “Con niente addosso” in un disastroso fiasco.
Questo gioco del teatro nel teatro permette allo spettatore di entrare, letteralmente, nel dietro le quinte, scoprendo tutti i meccanismi, i trucchi e le immancabili malefatte a discapito dei colleghi, che avvengono soprattutto durante la messa in scena!
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8...7 DONNE E UN MISTERO - Giallo comico adattato da “8 donne”di Thomas Robert regia di Claudio Tagliacozzo e Micaela Sangermano
Francia anni Cinquanta. In un paesino di provincia i membri di una famiglia alto borghese si ritrovano per festeggiare il Natale. Ma quest'anno non c'è nulla da festeggiare dal momento che il capo famiglia è stato assassinato. Ci sono otto donne che possono essere state l'autore o meglio l'autrice del delitto. Chi sarà fra loro?
Non soltanto un semplice giallo divertente o una commedia noir o un murder-mystery, quanto piuttosto un formidabile meccanismo teatrale che, attraverso una trama-pretesto infarcita di sorprese, eventi inaspettati e sconvolgenti rivelazioni, si diverte a mettere alla berlina le piccole ipocrisie della società borghese tradizionale in cui nulla è ciò che sembra.
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E' FINITO ER TEMPORALE - Commedia romanesca in costume di Maurizio D'Eramo, per la Regia di Claudio Tagliacozzo.
note di regia:
E’ il 19 settembre 1870. Le truppe piemontesi di Cadorna hanno circondato Roma e sono pronte ad attaccarla per ‘liberarla’ dal potere temporale della Chiesa e per ‘riaffidarla’ ai destini dell’Italia.
Del blocco, rimangono vittima due carrozze che cercano di lasciare la città.
A bordo della prima c’è Ricciotto, il fido valletto del Marchese Onofrio del Grillo, che alla sua morte ha ereditato i suoi titoli e il suo patrimonio; nell’altra, invece, ci sono quattro persone: un finto conte con il suo valletto, e due avventurieri. Lei, Lucrezia è una bellissima dama in cerca di qualche pollo da spennare, mentre lui, suo cugino, è uno squattrinato pittore che cerca di arrangiarsi tra arte e qualche denaro proveniente dalla donna.
Una commedia in cui non mancheranno risate e colpi di scena, musica dal vivo!
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La Bella e la Bestia "Il Musical" - Diretto ed Interpretato da Claudio Tagliacozzo
NOTE
In un paese sperduto della Francia, la giovane Belle (Manuela Serpetti) vive con il padre inventore, Maurice (Alberto Parsi).
Accanita lettrice e dotata di una fervida immaginazione, la ragazza si sente continuamente un'estranea e sogna di vivere un'avventura simile a quelle che legge nei libri che ama. Tuttavia, grazie alla sua bellezza, Belle riesce a catturare l'attenzione dell'adone del villaggio, Gaston (Alessandro Ernesti), un ragazzo rozzo e viziato, abituato ad ottenere sempre quello che vuole.
La routine di questa piccola comunità cambia quando Maurice, partito per una fiera di inventori, si perde in una lugubre foresta. Qui, per sfuggire al freddo e ai lupi, si rifugia in un castello, dove fa la conoscenza di Lumiére (Vittorio Sinceri) - un candelabro parlante - e di Tockins (Marco Garelli)- un'orologio dalla favella erudita. Ma l'incontro con il padrone del castello, la Bestia (Claudio Tagliacozzo), lo condanna alla prigionia. Venuta a conoscenza del triste destino del padre malato, Belle parte alla volta del castello e si offre prigioniera al posto di Maurice.
Ben presto la ragazza capirà di essere finita all'interno di un luogo incantato; la bestia, infatti, altri non è che il principe del castello, trasformato da una fata in un mostro per via del suo carattere malvagio ed egoista. Solo il vero amore potrà restituirgli il suo aspetto, a patto che la bestia impari ad amare e a farsi amare prima del suo ventunesimo compleanno.
Vincitore di 2 premi oscar e di 3 Golden Globe, La bella e la bestia di Gary Trousdale e Kirk Wise rientra in quella serie di pellicole destinate a lasciare un ricordo indelebile fra i racconti di celluloide. La storia d'amore tra Belle e il principe Adam ha plasmato, nell'ultimo ventennio, l'immaginario sentimentale di migliaia di spettatori, riuscendo ancora a spargere il suo incantesimo d'amore sulle nuove generazioni.
E l’amore è il nodo fondamentale di questo racconto. Walt Disney, da sempre impegnato a rilanciare messaggi e valori positivi, fa delle proprie eroine, giovani donne libere dall'oppressione maschile e da una cultura prevalentemente patriarcale. Nel 1989 con La Sirenetta, in cui una ragazza si fa artefice del proprio destino e poi, appunto, con La bella e la bestia, in cui la miglior dote di Belle è proprio quella di andare oltre le apparenze, riuscendo a cogliere l’essenza di una persona.
Per quanto questo messaggio possa apparire demodé, non va dimenticato il merito di questo classico Disney di aver veicolato il significato del « non lasciarsi ingannare dalle apparenze, perché la vera bellezza si trova nel cuore » in una sceneggiatura che non mostra un'ombra d'imperfezione: i personaggi principali sono ben caratterizzati, ognuno con un proprio stile linguistico ben definito. I dialoghi sono spumeggianti, divertenti, con un ritmo che impedisce allo spettatore di distrarsi.
Attori, ballerini, cantanti e tecnici creano un cast omogeneo e coeso seppur formato contemporaneamente da professionisti e debuttanti assoluti.
Un cast di eccentrica fattura, creato ad hoc per festeggiare la quarantesima Regia di Claudio Tagliacozzo ed a tutti gli effetti il Primo Vero Musical targato Marionette senza Fili.
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Nei "Monologhi d'Autore" i discenti del secondo anno accademico si cimentano in questo spettacolo - non spettacolo per la Direzione Registica di Claudio Tagliacozzo
Una performance che ha un solo scopo: far dello spettatore il protagonista della serata.
Ed allora si riderà, si rifletterà e ci si confronterà con i monologhisti in prima persona...faccia a faccia!
Assolutamente da non perdere!
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"La notte dei vivi...morenti" commedia amara di Aldo Lo Castro, diretta ed interpretata da Claudio Tagliacozzo
Note di regia
Uno spaccato di vita quotidiana appena vissuta con le festività Natalizie passate da poco.
Una commedia definita amara proprio perché ci troveremo a ridere di vicende che in ogni casa, proprio sotto le festività natalizie, ognuno prima o poi si è trovato a vivere.
Ci troviamo in casa dei coniugi Rubicondi, Artemio e Teresa, che non vivono proprio un idilliaco rapporto grazie al caratteraccio di lui, sempre alle prese con le sue vere o presunte malattie, e con le relative decine di medicine che dovrà prendere regolarmente.
Per le festività natalizie vengono invitati Gustavo, fratello di Artemio, in eterno conflitto con il maggiore, e la svampita moglie Marta, e ci si dovrà organizzare tra il cenone di Natale e quello di Capodanno.
Bè, qualcosa va storto e tra battute al fulmicotone, pasti non proprio digeriti, litigi spassionati e malanni improvvisi, Artemio accusa un colpo ancor più profondo ed infimo rispetto a quello che vedremo prendere in scena dagli altri tre membri di questa sconclusionata famiglia.
E dopo trasformazioni fisiche e mentali che vanno dallo stile di “hitchcock” a quello più brutale di “shining” sarà un finale ancora più inatteso a sorprendere tutti e far fare l’ultimo, amaro, sogghigno.
Scene ed Attrezzi di Vittorio Sinceri
Costumi di Marialisa Bianchini
Luci e Musiche di Eduardo Henrique Bertuci
Trucco di Stefania Cau & Giulia Di Croce
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"Sogno di una notte di mezza estate" commedia di William Shakespeare diretta da Claudio Tagliacozzo - saggio del primo anno di Accademia di Teatro di San Cesareo
Note di regia
La commedia presenta tre storie intrecciate e, collegate tra loro dalla celebrazione del matrimonio tra Teseo, duca di Atene, e Ippolita, regina delle Amazzoni.
Due giovani ateniesi, Lisandro e Demetrio, sono entrambi innamorati della stessa donna, Ermia; quest'ultima ama Lisandro, mentre la sua amica Elena è innamorata di Demetrio. Ma il padre di Ermia, Egeo, impone alla figlia di sposare Demetrio. Allora lei fugge con Lisandro nei boschi, seguita da Elena e Demetrio, ma i quattro si perdono nel buio e nelle loro schermaglie amorose.
Nel frattempo, Oberon, re degli elfi, e la moglie Titania regina delle fate, giungono nel medesimo bosco per partecipare alle nozze imminenti. Oberon vuole il servo indiano di Titania per farne suo paggio, ma Titania è contraria, perciò egli le spreme sugli occhi il succo del fiore vermiglio di Cupido, che fa innamorare della prima persona che si incontra al risveglio, per poi farsi cedere il servo indiano a cui lei, di conseguenza, non sarà più interessata.
Nello stesso tempo, una combriccola di artigiani che, per festeggiare il matrimonio, vuole mettere in scena una rappresentazione popolare sul tema di Piramo e Tisbe, si riunisce nella foresta per le prove dello spettacolo. Fra di loro spicca Nick Bottom, il Tessitore, uno dei più apprezzati personaggi comici di Shakespeare.
Una commedia maestosa, come il nome di chi l’ha ideata. Il Maestro Shakespeare ripone in questo testo molti ingredienti della sua poi futura carriera.
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"A Salisburgo per l'eclissi" di Marcello Isidori per la Regia di Claudio Tagliacozzo - saggio del corso di teatro senior all'auditorium Pierluigi di Palestrina
SINOSSI
E' il 10 agosto del 1999, la vigilia dell'ultima eclissi di sole del millennio. Sul treno speciale Roma-Salisburgo, in uno scompartimento di seconda classe, uno dei sei viaggiatori muore inspiegabilmente. Caratteri, culture, nevrosi e miti a confronto in una situazione estrema. Dostoewskijana teoria del diritto al delitto, un controllore impiccione ed arguto ed un finale paradossale che rivela la simbologia della storia.
NOTE DI REGIA
“Un viaggio iniziato a Novembre e che fa la sua prima tappa sulle magiche tavole di un Teatro.
Questo il percorso didattico del primo Corso di Teatro svolto dall’Associazione Teatrale Marionette senza Fili
nel Comune di Palestrina.
La sinergia nata tra l’Associazione diretta dal Regista Claudio Tagliacozzo e la Direzione Artistica dell’Auditorium Pierluigi è defluita in questo primo passo verso una collaborazione che nel futuro si presenta sempre più vigorosa.
Il Corso ha avuto una durata di sette mesi ed è stato caratterizzato da lezioni teorico/pratiche su svariati aspetti che una produzione teatrale esige; i discenti si sono trovati quindi ad affrontare lezioni di dizione, interpretazione su ruolo, movimento scenico, fonetica, e un approfondito studio dei più grandi autori che nel corso della storia si sono contraddistinti nel mondo del teatro, al fine di poterne carpire metodi, mentalità e tipologie di approccio alla messinscena.
Negli ultimi due mesi di lezioni, si è poi passato alla preparazione dello spettacolo di fine anno accademico, e la scelta è caduta su questo attuale testo che da subito è apparso complesso e singolare, grazie alla struttura tipica di un giallo, alla caratterizzazione di stereotipati personaggi, e agli svariati finali che ogni singolo spettatore potrà sostenere.”
Claudio Tagliacozzo
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Il fantasma di Canterville regia di Claudio Tagliacozzo
Il fantasma di Canterville è una parodia delle tante storie di fantasmi del folklore scozzese. Una famiglia americana, la famiglia Otis, acquista il castello di Canterville, in Inghilterra e vi si trasferisce. Questo risulta abitato dal fantasma di un certo Sir Simon de Canterville, antico proprietario e uxoricida.
L’ambasciatore americano (Hiram Otis) ministro degli Stati Uniti, non si lascia intimidire dalle voci che corrono in quel luogo. La famiglia Otis è composta, oltre che dal Signor Otis e sua moglie Lucrezia, da quattro figli: Washington, il maggiore, Virginia, una graziosa e dolce ragazzina di diciassette anni e due scatenati gemelli, Timb e Tomb. Il giorno in cui si trasferisce nella nuova dimora la famiglia Otis scopre sul pavimento del salotto una macchia di sangue che, racconta loro la governante, la signora Umney, apparteneva alla moglie del presunto fantasma, da lui assassinata 300 anni prima.
La famiglia non si impressiona per nulla, ma, con l'intraprendenza e la praticita' tipica degli americani, provvede immediatamente a ripulire il pavimento con il loro prodotto tuttofare Pinkerton, lo smacchiatore universale! Durante le notti seguenti il fantasma, che realmente esisteva, infuriato per non essere stato preso sul serio dai nuovi inquilini, prova ripetutamente a spaventarli. L'effetto comico si sviluppa dall'atteggiamento scettico e pragmatico degli Otis che porta al fallimento di tutti i tentativi del fantasma di terrorizzare e scacciare la famiglia. Il colpo di grazia lo riceve quando, assalito all'improvviso dai due gemelli e da Washington, è costretto ad una vergognosa ritirata. Alla fine, però, Virginia, la figlia minore del signor Otis, cerca di instaurare un rapporto con lo spettro e ci riesce.
Un giorno mentre siede triste e ormai rassegnato, suscita la compassione della giovane. Le racconta la sua terribile storia e le confida di essere tanto stanco perché non dorme da 300 anni; implorandola di intercedere per lui aiutandolo così a morire e trovare finalmente pace. Virginia commossa decide di aiutarlo e lo accompagna nel giardino della morte pregando per la salvezza della sua anima… gli fa ottenere il perdono Divino?
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NIENTE SESSO, SIAMO INGLESI! regia di Claudio Tagliacozzo
La commedia e' andata in scena ininterrottamente nel Westland dal 1971 al 1987 con il record di 6761 rappresentazioni consecutive; "Niente Sesso siamo inglesi" è tra i più duraturi successi nella storia del teatro moderno inglese. In Italia la commedia scritta da Marriott e Foot fu portata in scena per quattro stagioni consecutive dalla ditta Garinei & Giovannini.
Nel 1973 Cliff Owen ne diresse una divertente trasposizione cinematografica. Una commedia spumeggiante e scanzonata che intende scardinare la facciata di perbenismo e apparenze che caratterizzava la societa' britannica del tempo.
Peter e Frances sono freschi sposini. Lui è il direttore di una sub-agenzia della National Bank alla periferia di Londra, banca che è proprietaria dell'appartamento nel quale la coppia vive. Pur essendo un tipo intelligente e spigliato, Peter si trova a dover subire il carattere della madre Eleanor, che decide di venire a passare un po' di tempo dal figlio. In realtà Eleanor, vedova, ha messo gli occhi addosso al direttore generale della National Bank, Thomas Morrison, e la visita agli sposi è solo una scusa per occupare una posizione strategica in vista dell'"offensiva". Il carattere odioso e invadente della donna risulta snervante soprattutto per Frances, ma il vero problema è che questa, che aveva ordinato un servizio di bicchieri presso una ditta svedese, si vede recapitare un pacco contenente tutt'altro genere di articoli. Per disfarsi della merce indesiderata, Peter e Frances coinvolgono l'ingenuo e sprovveduto Martin, cassiere della banca e amico di Peter. Martin finisce suo malgrado in un vortice ad alto rischio quando i due gli scaraventano addosso l'onere di disfarsi del materiale sempre più "importante" che continua copiosamente ad arrivare dalla ditta. Alla fine, disperato e al limite della sopportazione psichica, si troverà rincorso da due ragazze insieme ad Arnold Needham, il serio e compunto ispettore della banca arrivato per incontrare Morrison, il quale intanto coltiva la sua intima amicizia con la madre di Peter.
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"Questioni d'affari" Regia di Claudio Tagliacozzo
La commedia racconta con ironia le malsane abitudini del mondo del business, rappresentato dal due magnati senza scrupoli e da due spregiudicate “accompagnatrici” che mettono a dura prova il matrimonio di due coppie di arrampicatori sociali.
I quattro protagonisti si muovono all’interno di una struttura scenica volutamente simmetrica. Ogni personaggio ha un suo alter ego che cerca di avere la meglio con l’inganno, creando nel corso dell’azione un equilibrio dinamico in continua escalation, coinvolgendo e ipnotizzando lo spettatore convinto di essere stato chiamato ad assistere ad un tranquillo e formale incontro d’affari.
I protagonisti, d’altro canto, devono far fronte a travolgenti colpi di scena che si susseguono incessanti nel corso dello spettacolo, coadiuvato da un ritmo veloce e frizzante. Un vortice di equivoci - in cui la fa da padrone il malcostume quotidiano- crea una sequenza di gag volte a rimarcare un concetto forte e chiaro: “gli affari sono affari”.
Una commedia innovativa che fa breccia tra i classici teatrali e punta i riflettori sul mondo contemporaneo che non può essere preso troppo sul serio.
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IL SOLILOQUIO MAGIKO
Regia di Micaela Sangermano
Ognuno di noi ha una storia e fa un viaggio, quello della propria vita. I momenti, le fasi, le esperienze delle persone che incontriamo si intrecciano alle nostre e ci fanno diventare quello che siamo, ogni giorno diversi, nuovi. E allora oggi abbiamo anche noi delle storie per voi, sarete voi il nostro spettacolo, il nostro viaggio: i vostri occhi, i sorrisi, le sensazioni che ci darete ascoltandoci, renderanno le nostre storie ogni volta diverse ed irripetibili. Protetti dall’atmosfera magica del teatro, non ci sarà più distanza tra il palco e la realtà, saremo tutti parte di un unico grande mondo, pieno di gioia, dolore, riso e pianto.
Buon viaggio!
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"Attento alla cioccolata, Callaghan!" L’incredibile caso Aulait & Von Dent
Commedia gialla brillante in due atti di Mauro Cattivelli e Paolo Quattrocchi
Regia di Claudio Tagliacozzo e Francesca Romana Di Santo
Note di regia
Nella commedia "Attento alla cioccolata, Callaghan!", i luoghi comuni del giallo-"noir", sia sotto forma di romanzo che di film, vengono utilizzati in maniera parodistica per creare effetti di comicità surreale.
Tutto si rifà inizialmente alle trite descrizioni di luoghi e personaggi che abbiamo tante volte trovato nelle opere del genere: per gli ambienti, non poteva mancare l'atmosfera decadente del disordinato e polveroso studio di Callaghan, l'immagine della notte fredda e piovosa che avvolge la squallida periferia della metropoli americana; la visione notturna del porto umido e nebbioso; le sagome ostili dei containers; la vecchia automobile scassata di Callaghan, ecc.
Anche i personaggi sono quanto di più stereotipato: l'ispettore dai modi asciutti e burberi, "tombeur" di donne affascinate della sua virile sicurezza, la bella ereditiera elegante e viziata, il giudice irlandese ridanciano, ecc.
Nel corso della commedia, però, tutto questo campionario di banalità e di luoghi comuni viene rivisitato e modificato dall'intervento di Lara, che stravolge gli stereotipi più consueti, ed in particolare quello della segretaria timida e bruttina segretamente innamorata del capo...
La commedia vuole quindi mettere giocosamente in risalto i luoghi comuni e gli stereotipi del racconto e del film giallo-noir, parodiandoli e proponendone un’alternativa surreale e comica.
L'azione si svolge su due piani: le scene del romanzo che Tommaso e Lara scrivono vengono interpretate "in diretta" da Callaghan e dagli altri personaggi, in una girandola di colpi di scena che rendono sempre più intricato l’incredibile caso Aulait & Von Dent...
Tommaso, apprezzato scrittore di gialli "noir", è disperato. Una grave crisi di ispirazione non gli ha consentito di ultimare il centesimo numero della fortunata serie del Detective Callaghan, che il suo editore attende improrogabilmente fra poche ore.
Per fortuna Tommaso scopre che Lara, la sua nuova colf russa, è dotata di un grande talento di scrittrice di gialli e le chiede di aiutarlo. Lara accetta, ma a una condizione: il romanzo che scriveranno a quattro mani non dovrà utilizzare, se non ironicamente, i soliti luoghi comuni del giallo noir di cui è infarcita la serie dell’illustrissimo ispettore Callaghan.
Il nuovo giallo è intricato e denso di colpi di scena. Callaghan e la sua socia (già segretaria) Della Mortimer si recano al porto per proteggere da un ignoto ricattatore la bella Jacquéline, figlia del magnate del cioccolato Aulait.
Lì incontrano Greta, figlia dell'industriale del cioccolato von Dent, acerrimo rivale di Aulait e scoprono che anche lei è vittima dello stesso ricatto fatto a Jacquéline, basato su alcune foto compromettenti.
Anzi, scoprono che ci sono altri ricatti e ricattatori coinvolti in questo strano caso, fra cui l'insospettabile Pubblico Ministero O'Hara, vecchia amica di Callaghan e Julio de Plata, fidanzato (a loro insaputa) sia di Jacquéline che di Greta.
Ma per le due ragazze le sorprese non sono finite: scopriranno infatti che, oltre al fidanzato, hanno anche il padre in comune...
Tante risate ci aspettano, a conclusione di questo primo anno accademico dei Corsisti Senior.
Una commedia difficile per la tecnica teatrale che richiede la messinscena, e che vale davvero come una doppia sfida per chi, fino a 7 mesi fa, partecipava al mondo teatrale soltanto dalla platea.
Con forti emozioni e concentrazione massima, è arrivato il momento di mettersi davvero in giuoco, ma questo spettacolo dovrà esser per i nostri discenti, un punto di partenza, e in nessun modo di arrivo.
i registi
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Liolà di Luigi Pirandello
Diretto ed interpretato da Claudio Tagliacozzo
Note di regia
Liolà è una commedia di Luigi Pirandello scritta nel 1916 durante la prima guerra mondiale, in un momento molto doloroso per la vita dell'autore: il figlio era detenuto in un campo di prigionieri di guerra e la moglie cadeva in sempre più frequenti crisi della sua malattia mentale. L'opera invece, nonostante questa angosciosa condizione della vita dell'autore, è molto giocosa ed allegra, quasi spensierata, al punto che l'autore stesso dirà «è così gioconda che non pare opera mia».
La commedia fu messa in scena per la prima volta il 4 novembre 1916 al Teatro Argentina di Roma con la Compagnia di Angelo Musco. Poiché era scritta totalmente in lingua siciliana, all'inizio pubblico e critica avevano molte difficoltà nel comprendere i dialoghi. Questo inconveniente convinse l'autore ad inserire nel testo una traduzione in italiano della commedia.
La vicenda di Liolà è ispirata ad un episodio del capitolo IV del romanzo di Pirandello Il fu Mattia Pascal.
Ha per protagonista Neli Schillaci, detto Liolà. Nome e soprannome erano già stati attribuiti ad un altro personaggio: Neli Tortorici, nella novella La mosca.
Liolà è un personaggio spensierato e vagabondo, appassionato per il canto e la poesia, sempre in sintonia con il mondo e la natura.
La società contadina descritta da Pirandello nella commedia, richiama, per certi versi le tematiche verghiane, quelle caratterizzate dalla brama di possesso per le ricchezze materiali, per la terra, per la roba.
In questo mondo rurale, piccolo nel suo egoismo e ipocrisia, grandeggia e agisce da elemento sovvertitore la figura panica di Liolà, un semplice bracciante che, senza alcun interesse per il benessere materiale, vive senza remore la sua sessualità, sconvolgendo allegramente e senza neppure accorgersene, le regole grette e meschine della morigerata società in cui vive.
Come in altre opere di Pirandello, proprio colui che appare il colpevole trasgressore delle norme sociali è invece il giusto e generoso riparatore dei torti subiti da chi è stato ingannato: aiutando Mita ad essere riammessa in casa del marito, mettendola incinta quasi per burla, Liolà, seguendo spensieratamente la sua natura, ristabilisce la giustizia.
il regista
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“Andy e Norman” di Neil Simon
Claudio Tagliacozzo (Andy),
Maurizio Ravà (Norman)
ed Ilaria Neri (Sophie Ross)
Regia di Claudio Tagliacozzo
Note di regia
“Due scapoli e una bionda” o come è a noi più nota “Andy & Norman” è una fiaba moderna nel perfetto stile dell'autore, Neil Simon, che con armonia e sarcasmo unisce le attività degli anni '60 alle nevrosi dell'uomo contemporaneo esaltandone i toni più comici! Nasce come commedia brillante e si prefigge di far ridere a crepapelle, ma come sempre negli spettacoli di Simon, subito sotto la superficie emerge qualcosa di più profondo.
Andy e Norman sono due scapoli, precari, che compilano il loro bollettino giornaliero di sopravvivenza.
Sempre senza un soldo i due fanno di tutto per tirare avanti: Norman, vulcanico, irrequieto scrittore, consuma i suoi polpastrelli a forza di battere sui tasti di una vecchia Olivetti anche se spesso la sua fantasia esplosiva viene interrotta da vuoti di ispirazione.
Andy è un produttore improvvisato, la parte razionale e cinica dei due, preda degli umori della padrona di casa, la signora Macchinini, di cui è l’accompagnatore pur di evitare che ritiri l’affitto scaduto.
La convivenza di Andy e Norman, che già si presenta precaria e ricca di situazioni originali, viene ulteriormente sconvolta dall'arrivo di Sophie, una formosa ed emancipata ragazza americana, che fa innamorare a turno i due, mettendo in seria crisi una storica amicizia.
Le tre figure si muovono all'interno delle maglie di una trama ricca di situazioni esilaranti ed il lieto fine è il modo migliore per concludere una commedia divertente e sempre attuale.
Andy e Norman è il sogno americano condito in salsa italiana, con tutti gli incubi che questo comporta…uno specchio rotto in cui ognuno ritrova frammenti di se.
La commedia venne rappresentata per la prima volta a Broadway, al Plymouth Theatre, il 21 dicembre 1966, interpretata da Anthony Perkins nella parte di Andy, Richard Benjamin nella parte di Norman e Connie Stevens nella parte di Sophie; in questo primo allestimento rimase in scena per 261 repliche. L'interpretazione degli attori valse a Benjamin e alla Stevens, nel 1967, un Theatre World Award.
Fonia e luci a cura di Matteo Proia
Scenografia ed attrezzi di Luana Borro e Mara Marcurio
Direzione di palcoscenico gestita da Silvia Perciballi
Assistenza alla regia di Stefania Donati
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STREGHE DA MARCIAPIEDE di FRANCESCO SILVESTRI
Nel Medioevo le streghe venivano mandate al rogo, perché inadeguate, scomode, diverse.
Al giorno d’oggi basta il giudizio e la morale della gente, non c’è più bisogno del fuoco.
Quattro prostitute, quattro passati segnati da un’infanzia non vissuta, da un presente crudo e materialista, da un futuro che sembra non avere sogni. Ognuna col proprio segreto, con le proprie paure, sofferenze e piccole certezze.
L’ambiente rassicurante della loro casa, viene sconvolto dall’arrivo di un “Lui” (Claudio Tagliacozzo) che forse esiste solo nella loro mente; da un sorta di marionetta di cui ognuna di loro si serve per esternare le proprie debolezze, la rabbia, i desideri.
E’ un alieno o un uomo, o solo una fantasia?
In platea si vive un scambio temporale di situazioni; il “presente” è rappresentato da un banco di tribunale, ove le attrici a turno, ruotano e danno una loro versione di come è finita la “storia”.
Modi diversi di vivere l’amore, emozioni intense, paure e reazioni che coinvolgono lo spettatore da vicino. Pezzi di vita.
Le protagoniste sono: Alba (Linda Salvi) sfrontata ed esperta della vita, Gina (Carmen Sorrenti) servizievole ed arrabbiata allo stesso tempo, Tuna (Ilaria Cicchinelli) misurata ed intelligente, Morena (Deborah Ponzo) sudamericana passionale e bugiarda.
Ognuna di loro difenderà la propria tesi con energia e determinazione, ed al pubblico il compito di giudicare se sono delle assassine, delle streghe, o semplicemente delle donne…
Per la prima volta sul palco, dopo un percorso di studio e sperimentazione, le giovani allieve si misurano con personaggi interiormente profondi e con tante sfaccettature, a seguito di un lavoro che nel corso dell’anno ha permesso di superare i propri limiti personali e di essere pronte per affrontare un testo drammatico, comico, assurdo e realistico allo stesso tempo.
Inusuale la scelta di un testo così “particolare” per segnare sulla lavagna una linea che demarca l’arrivo di un percorso formativo e l’avvio di una carriera artistica che se ha come inizio uno spettacolo come “Streghe da marciapiede” può significare solo tanto talento, passione e giusta riflessione per le quattro corsiste.
Scritto nel 1990 dal Maestro Francesco Silvestri, “Streghe da marciapiede” viene segnalato al premio Idi 1992. Viene rappresentato per la prima volta il 12 settembre 1992 al Festival Città Spettacolo di Benevento dalla Cooperativa "Teatro Nuovo-Il Carro" per la regia dello stesso autore. Già rappresentato dalle Marionette senza Fili al Teatro Duse di Roma nel 2003 per la regia di Claudio Tagliacozzo.
In questa versione, Tagliacozzo, ha voluto condividere la regia con l’altra insegnante del Corso, l’attrice e regista Micaela Sangermano, e diversamente dalla versione del 2003, ha voluto provare di persona, sul palco, i quattro intensissimi e diversi modi d’amare delle Streghe.
Nella suggestiva atmosfera creata dai giochi di luci e da taglienti brani musicali, gestiti dal fonico Matteo Proia, è significativo l’apporto del trucco e parrucco di Stefania Cau e da una minuziosa Direzione di Scena di Silvia Perciballi.
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"Miseria Bella" di Peppino De Filippo 1932
Due squattrinati artisti, il pittore Vittorio Floscio (Alberto Parsi) ed il più giovane scultore Eduardo Morelli (Giulio Nanni), vivono, se così si può dire, in una stanzetta in affitto in un palazzo alquanto fatiscente.
La fame e la debolezza accompagnano i due nelle brevi ma intense vicende che li vedono coinvolti nella disperazione del loro stato. Ed allora i due si barcameno, tra gag e battute, fingendosi grandi artisti dapprima con Pasquale il portiere (Massimiliano Bossi) e Gustavo il padrone del ristorante (Ernesto Colosimo), ed il benestante Nicola Melasecca (Valerio Giombetti) e la nobile signora Giulia (Ilaria Neri) poi.
Ovviamente incalzano una figuraccia dietro l'altra, riuscendo con difficoltà a reggersi in piedi per i morsi della fame.
Quando anche Giulia, alla quale era stato promesso un bozzetto va via dalla casa uno spiraglio di luce, sottoforma di cibo, illumina i due poveracci, ma…
La ricercata e realista scena è firmata da Luana Borro, impreziosita da tutti gli attrezzi di scena curati da Mara Mercuri. Consueto apporto al trucco e parrucco di Stefania Cau ed alla fonia/luci di Matteo Proia, il tutto orchestrato dalla sapiente mano del Direttore di Scena Silvia Perciballi.
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"Sarto per signora" di George Feydeau (1886)
Considerato, dopo Moliére, uno dei più grandi autori del teatro comico francese, Feydeau scriveva: "Se vuoi far ridere, prendi dei personaggi qualunque, mettili in una situazione drammatica e procura di osservarli da un'angolazione comica". Spesso non sono infatti i suoi personaggi ad essere strani, ma lo sono le situazioni nelle quali essi si ritrovano. E i meccanismi con i quali le costruisce sono impeccabili, ingegnosi, perfetti.
Il 17 Dicembre 1886 "Sarto per signora" ottiene un grandissimo successo.
Prima commedia in tre atti di Feydau, venne scritta in realtà tra il 1882 e il 1883. Opera d'esordio di un autore ancora giovane, contiene personaggi che diverranno poi tipici nell'opera del commediografo francese.
E’ un testo costruito su clamorosi equivoci, vertiginosi colpi di scena e deliziose situazioni comiche.
Una coppia di giovani sposi, una suocera ingombrante, una schiera di amanti ed aspiranti tali e, naturalmente, un maggiordomo: i personaggi sono quelli della tipica “commedia degli equivoci”. Il risultato è una pochade a ritmo frenetico, con congegno verbale perfetto in cui l’incastro di dialoghi, giochi di parole, entrate ed uscite di scena ha una precisione matematica. Una bomba ad orologeria che nel finale, nel momento, cioè, in cui viene scoperto il gioco, esplode in una miriade di coriandoli e fuochi d’artificio.
Qui si narra di Molineaux, medico della Parigi di fine '800, che viene scoperto dalla moglie Yvonne in abito da sera , con la faccia stravolta, di prima mattina. In realtà Moulineaux ha passato la notte sul terrazzo di casa, dietro le finestre chiuse dal cameriere Stefano. Una notte “passata” con la sua bella cliente Susanne. Alla moglie Yvonne inventa di aver vegliato tutta la notte un amico di famiglia, Bassinet, che era in gravissime condizioni di salute. Ma dopo poco Bassinet suona alla porta... Questo è solo lo spunto che porterà tutta una lunga catena di equivoci di irresistibile comicità nel quale saranno coinvolti tutti i personaggi: la suocera, il cameriere, l'affittuario invadente, la moglie dell'amico invadente, nonché l'amante, il marito dell'amante, l'amante del marito dell'amante, e clienti ambigue della sartoria.
L’attualità di questo commediografo francese, sta nel fatto che il pubblico di oggi, rivedendo i suoi vaudevilles, non li considera affatto come figli di un’epoca determinata, passata e superata, ma coglie in essi una relazione con il presente e con la società attuale. Nelle sue opere, dove la parabola degli equivoci porta quasi ad un’assurda comicità tragica, vi è la chiave per capire molto teatro contemporaneo, le logiche conseguenze, i contraltari, le appendici deliranti, i commenti, i corollari, in autori fra i più disparati come Cechov, Wedekind, Beckett, lonesco, e Brecht stesso (in “Nozze piccolo borghesi”).
Un piacere firmare una regia “cucita” davvero sul cast che Marionette senza Fili propone in questa seconda produzione del 2012.
Perfetto il connubio tra gli storici maschietti della Compagnia (Alessandro Pinci, Alberto Parsi, Giulio Nanni, Bruno Annecchini), e ben sei femminucce che a due a due hanno storie diverse (Angela Pariota ed Antonella Capeto new entry; Beatrice Palumbo e Paola Canuzzi tornate dopo anni d’assenza; Mara Mercurio e Simona Proietti promesse uscite dai nostri Corsi di teatro), il tutto orchestrato dall’esperienza e la passione di Silvia Perciballi (Direttore di Scena), e dalla voglia di fare che Stefania Donati (anche lei valida promessa uscita dal vivaio dei Corsi) ha posto nell’inconsueti vesti di Assistente alla Regia. Ovviamente necessario l’apporto di Matteo Proia (Fonico) e Stefania Cau (trucco & parrucco), che vengono affiancati dall’attrice Ilaria Neri, che stavolta veste i panni di Attrezzista di scena per completare un cast davvero senza eguali.
Questo spettacolo lo dedichiamo alla Marionetta Daniela Benedetti, che prematuramente in gennaio ci ha lasciati dopo aver combattuto, e purtroppo perduto, la sua personale battaglia contro il Male.
il regista
Claudio Tagliacozzo
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"Il nudo e la nuda" commedia di Samy Fayad
Roma, ai giorni nostri.
La vita coniugale di Attilio non è certo il massimo, dato che la moglie Letizia è la classica oca spennata. Ma questo non è in fondo un male, perché Attilio riesce a darle a bere qualsiasi cosa e a tenere facilmente nascoste le sue innumerevoli scappatelle nei suoi viaggi di lavoro di commerciante di macchine per la pasta.
La routine quotidiana si interrompe bruscamente quando Attilio trova nel guardaroba Monique, spogliarellista del Chez Maxim nonché sua ex amante, che gli crolla addosso. Credendola morta, l'uomo colto dal panico chiama il cognato, l'avvocato penalista Ludovico Grosso, che abita al piano superiore.
Questi, celibe, tutto casa, lavoro e chiesa, era andato a dormire alle 20:30. Non certo abituato a scosse adrenaliniche improvvise, Ludovico va in tilt quando Monique si rianima per poi svenire di nuovo. E c'è un'altra cosa che sconcerta i due uomini: sotto la pianta del piede porta il marchio "made in South Africa"…bè, questo è solo ciò che avviene nei primissimi minuti…a voi il gusto di scoprir altro!
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“Delitto al castello” di Aldo Cirri
Note di regia di Claudio Tagliacozzo
“Era una notte buia e tempestosa...” così ha inizio, come da prassi, questa rappresentatissima commedia di Aldo Cirri.
Un inizio tipico per una situazione che fin dai primi attimi si tinge di giallo.
In un castello della brumosa Scozia, abitato da un barone scozzese Sir Arthur Mc Kinley, sua moglie Lady Elizabeth e sua figlia Miss Lorna, avviene un terrificante omicidio.
Chi sarà l’assassino? Il maggiordomo Gregory o la governante Miss Person? L’amministratrice del castello Mrs Paperblack o l’amante di Lady Elizabeth il dottor Bladston, oppure Anthony Spring il fidanzato di Miss Lorna?
Il commissario di polizia Von Ubermehier e il suo ineffabile agente Wilbur indagano….
Un delitto, un commissario, una famiglia, amanti, colpi di scena e gag, animano questa che sarà la prima fatica di questo 2012 targato Marionette senza Fili.
Questo spettacolo non è comunque inedito per le Marionette, perchè è stato, nel Giugno scorso, il saggio del Corso di Teatro Senior 2011. Ma tali corsisti, talmente bravi, oltre ad esser stati portati in scena in una calda sera dell'estate Palestrinese, han meritato un periodo ben più lungo delle due serate che contraddistinguono un saggio.
Ed allora per ben nove repliche potremo assistere ai discenti che ormai possono considerarsi abili e arruolati tra le fila dell'Associazione.
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“Pinocchia” di Stefano Benni
Come si può facilmente intuire dal titolo, “Pinocchia”, di Stefano Benni, è un testo liberamente ispirato al capolavoro collodiano. Della fiaba originale, oltre ad alcuni personaggi centrali, rimangono soltanto alcune tematiche come, ad esempio, l’eterna questione “bugia/verità”. Ma mentre nella fiaba di Collodi emerge il bisogno di perseguire a tutti i costi un mondo perfetto e ideale in cui la menzogna non esiste, nella versione di Benni emerge la presa di coscienza dell’impossibilità reale della verità: perfino “la natura è bugiarda”! Diversi e attualissimi sono gli spunti di riflessione che offre Benni in questo esilarante lavoro dolce e amaro allo stesso tempo: il rifiuto della solitudine da un lato ma l’incapacità di interagire con il mondo reale dall’altro; il desiderio di un rapporto vero da un lato e il disagio di vivere dall’altro, col conseguente bisogno di rifugiarsi in un mondo virtuale fatto di siti erotici e hot-line.
Geppetto, un po’ padre e un po’ padrone, un po’ sposo e un po’ amante, un po’ vittima e un po’ carnefice, che ora vuole proteggere e ora vuole sottomettere, incarna perfettamente le contraddizioni e le ipocrisie della società odierna.
Pinocchia non è “né di carne né di legno”, né bambina né donna, si muove alla scoperta del mondo, illudendosi che il mondo ami quelli che, come lei, sono “curiosi e innocenti”, ma approda soltanto nel paese dei balocchi in cui guerre e beneficenza sono un business, in cui prima si bombardano le scuole e poi si fanno i concerti per ricostruirle… ma anche questo, purtroppo, è attualità!!!
Seconda fatica per l’Associazione Teatrale “Marionette senza Fili” in questo 2011.
Dopo l’enorme successo riscosso da “La guerra di Martin” altro genere, altro tema, ma soprattutto altro cast, pronto a stupire con questa parodia del famoso Pinocchio di Collodi.
I personaggi sono cuciti sulla pelle dei loro interpreti: Micaela Sangermano (Pinocchia) sembra trovarsi nella sua “fiaba su misura”…Francesco Lavorgna (Geppetto) si cala nel ruolo di un genitore che non vuole mai crescere…Alessandro Pinci (Grillo) è la coscienza che ognuno di noi NON vorrebbe mai avere…Simona Proietti (Fatina) si pone come madre suprema della “dura, e vera” verità…ed infine Giampiero Marrocco e Valentina Rizzi (il Gatto e la Volpe) scalmanati e affiatati quanto basta per truffare chi non sempre riesce a vedere nel marcio della quotidiana società.
Fedele spalla della mia regia, Federica di Stefano, organizza lo spettacolo e cura gli impianti audio e luci; La fonia di Matteo Proia come sempre puntuale e puntigliosa; divertente ma impegnativa la fatica nel trucco e parrucco di Stefania Cau; una promozione per l’attrezzista di “Martin” Silvia Perciballi che cura in “Pinocchia” la Direzione di Scena, ed infine un lieto innesto nella compagnia: Luana Borro che aiuta la causa come attrezzista e sarta di scena vede premiata la sua passione artistica e la sua professionale precisione.
il regista Claudio Tagliacozzo
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“La guerra di Martìn” ovvero l’intelligenza della stupidità Commedia musicale di Francesco Silvestri
“…A più di dieci anni dal suo inizio, la guerra tra l’emisfero superiore e quello inferiore continua incessante senza mostrare alcuno spiraglio di conclusione. I combattenti infatti…” Proprio così ha inizio questa brillante commedia scritta dall’autore-attore-regista Francesco Silvestri.
L’autore, che ha collaborato in passato con la compagnia, affronta ne “La guerra di Martin” temi non proprio sottili, come quello della guerra, della morte, della diversità; il tutto però è rallegrato e reso più “leggero” proprio da questo personaggio, Martin.
La commedia narra le vicende di Martìn Senzasperanza “scemo legale”, con tanto di certificato, che conduce la sua personale “guerra alla guerra”, trasformandosi in un eroe per caso prodigato a restituire all’umanità disumanata il privilegio della felicità e l’emozione dell’infanzia.
Martìn, un po’ clown, un po’ guitto, un po’ marionetta, saggio e disincantato e’ uno di quelli che può giocare con la vita, scacciare la tristezza, dire impunemente ogni verità, sconfiggere la cattiveria, la presunzione, la violenza, la morte.
Il sacco che Martin porta con sé custodisce una riserva di oggetti di rara e insolita virtù: milioni di ricordi, uno per ogni abitante della Terra.
Nel suo percorso il nostro protagonista incontrerà una serie di personaggi che, con la loro originale individualità, contribuiranno a rendere questo viaggio indimenticabile.
Ed allora lo spettacolo narra…la storia di Ario, il disertore, che diventa amico di Martin e viene più volte catturato e più volte liberato dal nostro protagonista, finché…la storia del Generale Generalissimo Scorfi, sempre in assetto di guerra, che vive solo per la guerra, e se la guerra non ci fosse lui la inventerebbe… la storia della Signora Morte, che non accetta ingiustizie e differenze perché davanti a lei tutti gli uomini sono uguali…E’ la storia della Ragazza Sordomuta, che vaga sorridente sempre, sola per il mondo e che s’intende a meraviglia con lo scemo Martin!
Dal suo voluminoso sacco tira fuori un'inesauribile riserva di oggetti di rara ed insolita virtù: l'armonica di Ario, la stampa della città di Roma che fu culla del Generalissimo e le scarpe di lana della mamma di Ario dispongono del dono eccezionale di riconsegnare al possessore la dimensione smarrita di una età giocosa e spensierata.
Il tema della guerra è trattato in modo sfumato, tra gag e bizzarre trovate, finte esecuzioni e resurrezioni provvidenziali ma allo stesso tempo incisivo.
La guerra (come sinonimo di tutte le vicende e i problemi della vita) va combattuta con il cuore e con la forza delle idee e non con le armi.
Questo piccolo gesto può aiutare a far nascere di nuovo il sole in ognuno di noi…
Di più, la svariata oggettistica si offre quale simbolo metonimico della esistenza medesima di ogni rappresentante dell'universo umano.
È proprio il distruggere con queste armi l'immagine cupa ed angosciosa di quest'ultima il regalo conciliante oltre ogni immaginazione. Madama Morte non fa paura agli "sciocchi" e il loro non aver paura li salva, li rende invincibili, lieti eroi di una battaglia combattuta tra pavidi saggi. Scenografia essenziale “modellata” dagli attori in scena, luci e musiche efficaci delineano uno spazio e scandiscono un tempo indefiniti, in cui l’attore rivive la sempre attuale vicenda umana della guerra.
Il 6 maggio del 2000, la giovane compagnia teatrale da me diretta, che s’era formata in quel dell’I.T.C.G. Luigi Luzzatti di Palestrina, portò questo spettacolo al Festival Internazionale di Teatro Giovani a Sanremo (Wef oggi detto Gef), aggiudicandosi tra le 98 scuole di tutta Europa il primo premio.
Oggi, a dieci lunghi anni da quel giorno, proprio come la guerra che si narra, lunga dieci anni, ho voluto rivivere quelle emozioni.
All’epoca, giovane ed esuberante regista; oggi regista come allora, ma con la voglia di far esplodere il mio Martìn, interpretandolo fino in fondo!
La compagnia viene tutta implicata in questo progetto, servendosi dei meravigliosi innesti che da quest’estate sono entrati in pianta stabile nell’Associazione.
Ed allora un grande grazie a tutti i miei attori, i miei tecnici, e alla coreografa Arianna Mecozzi, insegnante di Danza del ventre nella Scuola di San Cesareo FULLDANCE, che oltre a scendere in prima persona sulle magiche tavole, ha creato tra le sue allieve, un cast di ballerine eccezionali, al fine di rendere ancor più vivo ogni momento dello spettacolo.
Ma forse il grazie più grande spetta proprio all’autore… Francesco Silvestri, che scrisse questa commedia in giovane età, nel 1986, dedicandola all’amico che abbiamo in comune, il Professor Pasquale Mellone.
Le opere di Silvestri hanno ottenuto diversi riconoscimenti, tra i quali il premio IDI per “Streghe da marciapiede” e “Angeli all’inferno” e il premio ETI per “Saro e la rosa”.
Le sue favole per bambini sono state pubblicate dall’Unicef.
Francesco Silvestri e’ unanimemente riconosciuto come uno tra i più originali drammaturghi del nostro panorama teatrale contemporaneo.
Un curioso aneddoto…
"…Nel 1986 presentai Martin, fuori concorso, al Festival di teatro per ragazzi di Battipaglia. La mia idea fu quella di presentare dieci minuti di spettacolo al giorno prima dell'inizio di quello in cartellone. Una puntata al giorno, per sei giorni, ed al settimo avrei fatto l'intero spettacolo con la puntata finale. La proposta si rivelò vincente. La gente si appassionò alle puntate proprio come quelle in televisione. I centocinquanta giurati impugnarono il regolamento, minacciando di non assegnare nessun premio se non avesse vinto La guerra di Martin…"
(V. ALBANO, Conversazione con Francesco Silvestri, Maggio-Settembre 2005).
Un omaggio al Maestro Silvestri Francesco, al quale DEVO l’accendersi della morbosa passione per l’arte teatrale: “..la Regina delle Arti..”
il regista Claudio Tagliacozzo
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"LA STRANA COPPIA" di NEIL SIMON
NOTE DI REGIA
La più celebre commedia di Neil Simon “La Strana Coppia” (The odd couple) ha il suo esordio come spettacolo teatrale, regia di Mike Nichols, a Broadway il 3 ottobre ‘65 al Plymouth Theatre
di New York City.
I protagonisti, interpretati oggi dal duo Marrocco & Parsi, erano Art Carney nella parte di Felix,
e Walter Matthau in quella di Oscar. La pièce venne poi allestita al Eugene O'Neill Theatre (1966-1967):
in totale ebbe 966 rappresentazioni continue.
La commedia è ambientata a New York negli anni sessanta: due divorziati, Felix e Oscar, diversi in tutto e per tutto, dividono un appartamento e si scontrano con i problemi di convivenza quotidiana,
dando vita a continue ed esilaranti gags di spassoso e sano divertimento.
Ne La strana coppia il più geniale e prolifico autore del teatro comico della seconda metà del '900 ci narra della difficile e alquanto complicata convivenza tra due uomini diametralmente opposti, offrendoci l'occasione per riflettere sulle fragilità e sulle nevrosi "metropolitane" dell'animo umano
e soffermandosi ironicamente sulla "middle class" americana.
La fonte di ispirazione dei spettacoli di Simon era suo fratello Danny, il quale era divorziato e viveva con un suo amico, anch'egli divorziato, per dividere le spese e salvarsi dagli alimenti;
come spesso accade nelle convivenze tra caratteri molto diversi, anche loro,
come poi faranno i due personaggi teatrali, iniziavano a non sopportarsi piu'.
In tutto cio', Simon vide subito una storia che avrebbe potuto avere successo e propose a suo fratello, anch'egli scrittore di commedie, di farne un soggetto cinematografico. Danny inizio' a scrivere qualcosa, ma vi dovette rinunciare rimandando a suo fratello Simon il compito di continuare al suo posto.
Dal teatro al cinema: Il film LA STRANA COPPIA
Nel 1968, visto il successo teatrale de La Strana Coppia, si penso' di farne anche un film.
La sceneggiatura era corrispondente a quella teatrale, solo il set era piu' vario: oltre all'appartamento di Oscar (ambietazione della versione teatrale) ora molte scene venivano girate in esterno.
Il ruolo di Cecily Piccione era di Monica Evans. Sia la Evans che Matthau presero parte anche alla trasposizione cinematografica della commedia stessa, negli stessi ruoli. Il Ruolo di Felix invece,
venne assegnato a Jack Lemmon, che lo interpretò magistralmente.
I coprotagonisti non sono solo un delizioso contorno alla storia, ma parte integrante della vita dei DUE; ed ecco che le caratterizzazioni necessarie degli altri, sono solo una forzatura al già diversissimo modo di essere degli stessi, nell’ottica di proporre tante diversità racchiuse in un unico sito.
Le due sorelle invece, svolgono in due un solo ruolo, ma che è comunque un modo diverso di essere.
Su questa diversità d’Essere si basa la regia dello spettacolo,
al fine di far uscire in pieno le intenzioni del geniale autore.
Mai come in questo testo alcune battute di classico humour anglosassone sono semplicemente acutissime
e mostruosamente ironiche, seppur non direttamente intuibili.
Il premuroso poliziotto Murray (Luigi Tullisi), il burbero Speed (Massimiliano Bossi), l’eccentrico Vinnie (Alessandro Pinci), le “strane” sorelle Piccione (Micaela Sangermano e, per la prima volta su di un palco con le Marionette senza Fili, Ilaria Neri), sono risultati perfetti nel supportare Alberto Parsi (Oscar Madison) e Giampiero Marrocco (Felix Hungar) che la natura (loro), prima di me,
ha unito in un duo perfettamente STRANO.
Vederli provare nell’interpretazione dei ruoli, è stato magnifico, proprio perché l’unica cosa che dovevano fare è stata imparare le battute, ed il nome degli altri: tutto ciò che invece ha comportato la fuoriuscita di due caratteri diversi, con i loro usi e costumi, è risultato spontaneo e con risvolti persino ludici.
Diversi non vuol dire estranei…diversi non vuol dire incompatibili…o forse si?
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La scena anni 60/70 di Rosita Bellotti è ormai un punto fermo di ogni mio spettacolo, impreziosita poi dalla Direzione di Scena di Francesco Lavorgna che, lasciati i panni di Victor Velasco
in “A piedi nudi nel parco”, regala la sua attenta organizzazione alla causa comune.
Claudia Grasso cura i molteplici oggetti ed attrezzi di scena che, come per i costumi, sono scelti sempre con cura e minuziosa passione non solo dal sottoscritto, ma dall’Assistente alla Regia Federica Di Stefano, che passa in rassegna ogni mio minimo dettaglio, al fine di non perder nulla di ciò che comporta una regia così ampia, e migliorare quegli aspetti che ormai a volte adoro lasciare proprio al suo buon gusto.
Questo spettacolo, l’ultimo della stagione 2010 al Teatro di San Cesareo, segna il II° Memorial Giulanco, per non dimenticare la prematura scomparsa dell’Amico/Artista Franco Giulianetti che, inutile dire, sarebbe stato un perfetto Felix, nelle sue adorabili manie, e puntuali pignolerie.
il regista
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"IL CLAN DELLE VEDOVE" - saggio del "II° corso di tesatro senior" delle Marionette Senza FIli
Il clan delle vedove è una commedia moderna e brillante, articolato in 2 atti, che ha riscosso grande successo in Francia dove è andata in scena per la prima volta nel 1991, con protagonista la stessa autrice.
Il clan si viene a formare a causa dell'improvvisa e tragicomica morte di Jacques, marito di Rose.
La neo vedova, consolata dalle due amiche, l'energica Jackie e la svampita Marcelle, viene presto a conoscenza di alcune novità che riguardano il defunto marito.
Le novità coinvolgeranno oltre a Rosa anche Jackie e Marcelle che intanto, insieme alla neo vedova, ci renderanno partecipi dei loro rapporti di coppia passati e presenti.
La commedia affronta con toni ironici il delicato tema della condizione vedovile, divisa tra rimpianti e disincanti, indugi della memoria e conquiste di autonomia.
Rose, Jackie e Marcelle sono tre inseparabili amiche che insieme formano questo clan esplosivo, sostenuto dalla reciproca confidenza e da spirito di solidarietà.
Lo stato vedovile è una delle poche caratteristiche comuni delle tre donne che, pur essendo molto diverse tra loro, si integrano alla perfezione e diventano un’entità da temere, sempre pronte ad affrontare nuove prospettive di vita.
Uno spettacolo tutto, o quasi, al femminile, dove tre ex mogli, vedove, scoprono la doppia vita tenuta ben nascosta dai loro cari estinti: figli illegittimi, amanti voraci, vizi e vizietti in me'nage paralleli.
E alla fine Marcelle, Jackie, Rose e il loro amato divano, capiscono che in fondo, essere vedove, non e' poi del tutto spiacevole.
Colpi di scena fino all’ultimo minuto…una cinica conclusione, ma molto realistica.
Un saggio definito tale solo per la caratteristica d’esser “lavoro di fine anno”, ma che tutto il cast ha intrapreso come un vero e proprio spettacolo da cartellone, vivendo professionalmente ogni istante della preparazione teorica e pratica dello stesso.
Sette donne, un uomo, ed un bambino, che creeranno situazioni comiche ed isteriche, paradossali, e grottesche, ma che alla fine risultano, estremamente formative per loro “carriera”, e divertenti e spassose per il pubblico che seguirà le loro vicende.
Non posso ovviamente esimermi nel ringraziare colei che al mio fianco a insegnato per l’intera durata del corso, Francesca Romana Di Santo, aiuto regia dello spettacolo, ma molto di più in ciò che un corso di teatro deve lasciare ai partecipanti.
L’Assistenza alla regia di Federica Di Stefano (fresca della sua prima regia con i bimbi del corso junior), le scene di Rosita Bellotti, ed i trucchi di Stefania Cau, impreziosiscono con professionalità un saggio che poche “Scuole di teatro” potranno permettersi.
Se in questi dodici anni da regista qualcuno m’avesse detto che avrei potuto fare un saggio con un testo come questo, avrei riso e dato del pazzo al “qualcuno”…ed invece eccomi qui, a dirigere 8 CORSISTI che di sicuro faranno strada nelle fila delle MARIONETTE SENZA FILI.
il Regista
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Uomini senza donne
"Uomini senza donne" è una commedia amara e divertente che affronta l'inadeguatezza, la confusione e le incapacità dei trentenni di vivere in modo equilibrato e maturo i sentimenti e l'amore.
Si tratta di un problema vissuto tanto da aver contribuito in modo considerevole negli ultimi anni alla trasformazione della composizione sociale del paese.
È la storia di due uomini, una strana coppia buffa e mal assortita, due uomini che cercano di esser creativi, che cercano di amare, che cercano di essere felici.
E' la storia di chi cerca e non ci riesce, del "vorrei ma non posso".
Uno, l'Uomo Alto,è un pubblicitario, estroverso, bello, aitante, salutista, sicuro di sé, un po' cinico, fortunato con le donne tanto da cambiarne come fossero calzini, con l'hobby del pugilato.
L'altro, l'Uomo Basso, è ombroso, timido, nevrotico, auto-ironico, autolesionista, trascurato, con una forte tendenza all'alcolismo, con l’hobby della batteria.
I due convivono temporaneamente nello stesso appartamento, dividendo comicamente una vita mal organizzata, contraddistinta da un continuo e reciproco interrogarsi su tutto ciò che riguarda l'altro sesso.
Ma l'amicizia è minata da una profonda immaturità, dall'incapacità quasi fisiologica di essere felici e sereni. Il finale è avvolto da un cinismo disarmante.
La paura di essere veramente se stessi e di seguire le loro autentiche emozioni spinge i due amici ad uno scontro finale che li rende impotenti e attoniti di fronte alle proprie debolezze e incapaci di reagire alla meschinità della loro vita affettiva.
Se poi di mezzo ci sono le donne, il cinismo si fa alquanto comico, se non grottesco.
La regia si basa su due semplici considerazioni: ormai affittare una casa costa troppo per un single, e quindi la soluzione migliore sembra quella di affittare un monolocale arredato alla bell'e meglio, con il divano dello zia, il tavolo dell'Ikea e il frigo della nonna (quello che ha cambiato due anni prima perché il freezer non funzionava, ma "tanto a voi non serve!"); la seconda, la più importante, riguarda il testo che ricorda un incontro di boxe della durata di sei round, con due uomini che si picchiano, si abbracciano, si massacrano, ma senza odiarsi. Lo fanno solo perché la vita li ha portati in quella situazione.
Se poi condiamo il tutto con le indimenticabili note dei “the Doors”, il mix è fatto, e non vi resta che ridere, piangere, arrabbiarvi, ed alla fine, riflettere su come eravamo, e su come forse, saremo per sempre.
Due soli attori in scena, Alessandro Pinci e Giulio Nanni, devono riempire il vuoto che la tecnica teatrale a volte nasconde con il susseguirsi di coprotagonisti a volte forzati. E direi che ben riescono a conformarsi con il LORO ambiente circostante, e con un testo purtroppo o per fortuna che si imbastisce ad hoc sulle loro pelli.
Di solito abituati alla minuziosa scenografia di Rosita Bellotti, ammireremo come l’essenzialità a volte, è più efficiente, che mai.
Le capacità di trucco di Stefania Cau son messe alla prova con i velocissimi cambi di scena ed epoca, e sembra inutile descriverne i risultati -perfetti-.
Nota piacevole è come l’aziendalismo dell’Attore Giampiero Marrocco si conforma meravigliosamente nel suo “nuovo ed inconsueto” ruolo da Direttore di Scena.
Federica Di Stefano? L’Assistente alla Regia che ogni regista sogna, ma che non tutti meritano.
il regista
Claudio Tagliacozzo
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A piedi nudi nel parco
di Neil Simon (1963)
La coppia di neosposi Paul (Claudio Tagliacozzo) e Corie (Micaela Sangermano), dopo aver trascorso sei giorni di infuocata luna di miele chiusi in una stanza dell'hotel Plaza, si trasferiscono nella loro prima casa, un piccolo e spoglio appartamento all’ottavo piano di un vecchio palazzo senza ascensore vicino al Central Park.
La scomoda sistemazione ed una serata a quattro, in compagnia dell'eccentrico vicino abusivo Victor Velasco (Francesco Lavorgna) e di Ethel, la benpensante madre di Corie (Beatrice Palumbro), mettono a dura prova la loro vita matrimoniale e, in particolare, fanno emergere le loro differenze caratteriali: Paul è serio, contegnoso, prudente, Corie è vitale, appassionata, romantica; tanto l'uno è prevedibile e convenzionale quanto l'altra è imprevedibile e spudorata.
Corie decide di mettere fine al matrimonio, non all'altezza delle sue elevate aspettative ideali, e caccia dall'inospitale tetto coniugale Paul, che finisce su una panchina del Central Park, a ubriacarsi e camminare a piedi nudi nel parco, proprio quella che lei gli aveva indicato come espressione della desiderata spontaneità. Ma quando vede come si è ridotto, Corie capisce di amarlo così come l'ha conosciuto e sposato, un uomo stabile e fidato, e di non volerlo affatto cambiare.
I giovani Paul e Corie si riconciliano ed anche i maturi Victor ed Ethel, altrettanto diversi, sembrano aver scoperto una speciale sintonia.
In scena il pittoresco tecnico dei telefoni Henry Pepper (Massimiliano Bossi) da il via alle situazioni comiche, con simpatia e umanità.
Commedia sentimentale piacevole, con un meccanismo comico efficace, costruito su alcuni elementi ambientali e con un intreccio narrativo basato sul confronto di caratteri (Corie e Victor, pieni di gioia di vivere, contro i noiosi Paul e Ethel).
La commedia è stata scritta nel 1963, e rappresentata a Broadway in centinaia di repliche fino al 1967, anno in cui si decide si farne un film.
Film che fa conoscere e consacra definitivamente il giovane Robert Redford, in coppia nell’occasione con la stupenda Jane Fonda.
La consueta meravigliosa scenografia di Rosita Bellotti, ci fa vivere tutte le vicende nella casa dei due neoconiugi, ove si nota inevitabile ed indispensabile la Direzione di Scena di Martina Mattogno.
Un attento trucco e parrucco di Stefania Cau, chiude il cerchio aperto e gestito da Federica Di Stefano (Aiuto Regia) per una perfetta rappresentazione.
Nota particolare quanto singolare, è la mia partecipazione sulle tavole del palco: come in passato per festeggiare il mio primo decennale di attività teatrale in “Filumena Marturano”, “Il mercante di Venezia” e nel mio “Il fantasma di Canterville”, quest’anno voglio ricordare il 7° anno di fondazione dell’Associazione Teatrale “Marionette senza Fili”
…il numero 7, a me tanto caro…
il regista
Claudio Tagliacozzo
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Non Ti Conosco Più
di Aldo De Benedetti - 1932
“Non ti conosco più” è una nota pièce di Aldo De Benedetti, autore di piccoli gioielli in commedia, che sa divertire e interessare il pubblico in ogni momento, con la malizia del suo dialogo tra commedia degli equivoci e tematiche pirandelliane e l’abilità con la quale disegna i suoi tre personaggi principali. L’azione si svolge a Roma in una bella casa con giardino. In un ambiente sereno, apparentemente tranquillo.
La padrona di casa suona il pianoforte e canta, ma in casa dei coniugi Paolo (ALESSANDRO PINCI) e Luisa Malpieri (SIMONA BAZZOFFI) è scoppiato il dramma. Paolo è disperato, sua moglie Luisa non lo riconosce più e lo vuole cacciare di casa come se lui, il marito, fosse un intruso. Il professor Alberto Spinelli (ALBERTO PARSI) medico psichiatra, chiamato da Paolo, diagnostica un vuoto di memoria, “un’epistassi fisionomica”, che si spera, limitata nel tempo.
Infatti mentre stanno parlando, come è comparso, il dramma sembra sparire: la signora Luisa dall’altra stanza ha riconosciuto la voce del marito Paolo. Tutto sembra tornare nella normalità……
La signora Luisa entra saluta e sotto lo sguardo esterrefatto di Paolo, abbraccia e riconosce come marito Alberto, il professore. A nulla valgono le proteste di Paolo, tenuto calmo da Alberto per non esasperare la situazione. Il professore Alberto Spinelli è eccitato e piacevolmente imbarazzato di trovarsi di fronte a un caso così interessante. Paolo, il marito, è stravolto di dover assistere a scene di tenera affettuosità tra sua moglie e il professore. Luisa la moglie… invece è felice! Brilla nei suoi occhi una strana luce…e quando il professor Spinelli crede di aver trovato la spiegazione ''scientifica'' all'amnesia di Luisa, un colpo di scena lo spiazza lasciandolo senza parole! Sulla scena irrompe, quasi a non poter mai mancare, L’ “allegra” zia Clotilde (BEATRICE PALOMBO), che con la sua figliola (ELEONORA SCIPIONI) mettono pepe alle vicende. In casa troviamo i due servitori, la cuoca Rosa (GLORIA RAGUSA), ed il cameriere (MASSIMILIANO BOSSI), e pietra dello scandalo la procace dattilografa (ILARIA CHIALASTRI).
Opera fine ed elegante che, fa divertire il pubblico e va a stuzzicarlo senza mai cadere in situazioni troppo ovvie o banali.
Aldo De Benedetti, che riscosse vasti consensi tra il 1930 e il 1938 per le sue commedie comico sentimentali tipiche del cosiddetto ‘Teatro e cinema dei telefoni bianchi’, alieno da qualsiasi impegno socio-politico-culturale, scrisse ‘Non ti conosco più’ nello stesso anno in cui rappresentò un altro suo brillante lavoro ‘Gli uomini che mascalzoni’. Ambedue le pièces passarono in breve dal palcoscenico al cinema, per tornare poi nuovamente alla ribalta. Tali commedieavevano l'unico scopo di divertire gli spettatori e di solito trattavano epidermiche vicende dell'eterno triangolo marito-moglie-aspirante amante.
Oggi un giudizio sul suo teatro non può certo essere del tutto positivo: un abisso lo separa dai grandi, tuttavia gli si deve riconoscere il merito di averci lasciato un'immagine, sia pure parziale e un po' sfocata, della società degli anni '30 e di rappresentare una tessera del poliedrico mosaico dell'Italia del decennio precedente la II guerra mondiale.
Quarto ed ultimo “sforzo” per questa stagione. Lavoro interamente dedicato all’amico Franco, che prematuramente ci ha lasciato un anno fa ormai.
L’eccezionale cast sul palco, è come sempre davvero ben orchestrato da chi opera nel buio del “dietro le quinte”: ormai un punto di forza, sono di sicuro le scenografie di Rosita Bellotti, delicata attrice sulla scena, quanto pragmatica scenografa. la Direzione di Scena di Martina Mattogno, tornata tra le Marionette dopo alcuni mesi di pausa; la costante dedizione dell’Assistenza alla Regia, Claudia Grasso, e l’incisiva supervisione dell’Aiuto Regia, Federica Di Stefano.Ed un ringraziamento ancor più caloroso per tutto il Pubblico che si affeziona sempre di più al duro, continuativo e professionale, lavoro di tutte le “Marionette senza Fili”.
il regista, Claudio Tagliacozzo
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"Ora no Tesoro"
di Ray Conney
L'uomo è stupido per natura. In “Ora no, tesoro” (Not now, darling), Ray Cooney mette in vetrina la stupidità. Non importa se il pretesto è una storia di tradimenti progettati, di coppie che scoppiano, o di donnine nude che attraversano la scena. Quel che importa è che questo maestro britannico della commedia, ci dia un affresco di caratteri umani che, sapientemente mescolati, producono un cocktail di irresistibili risate.
La bella ed appropriata scenografia di Rosita Bellotti (in scena nelle vesti della Signorina Tipdale), rappresenta la sala principale dell’Atelier “Bodley Bodley & Crouch”, situato nel centro di Londra.
Una pelliccia di visone "viaggiante" al centro di una vicenda dove non mancano equivoci, tradimenti, scambi di persone.
Gilbert (Andrea Bertagnoli), socio della moglie Mary (Francesca Romana Di Santo) e dell'amico Arnold (Francesco Lavorgna) in una pellicceria di Londra, pensa di regalare un visone da 5000 sterline a Janie (Micaela Sangermano), da poco diventata sua amante.
Per non insospettire Harry (Giulio Nanni), marito di Janie, Gilbert inscena una falsa vendita coinvolgendo nel gioco il recalcitrante socio Arnold. Harry, fiutando l'affare, accetta di comprare il visone non per sua moglie, ma per Suell (Serena Spitalieri), sua segretaria e amante.
Tutto sembra filare senza intoppi, ma Mary, moglie di Gilbert, ritorna improvvisamente dalle vacanze.
A condire per bene la scena s’intromette l’uomo di Suell (Giampiero Marrocco), l’indispensabile segretaria della ditta, la Signorina Tipdale (Rosita Bellotti), e la modella dell’Atelier Miss White (Alessia Gattulli); una pittoresca cliente, la Sig.ra Frencham (Beatrice Palombo), ed il marito, il Comandante Frencham (Alberto Parsi), danno frenesia e comicità alla piece.
La situazione si complica ulteriormente quando Janie e Sue si incontrano…
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Questo è il terzo “sforzo” del 2009, con un cast davvero eccezionale, che non potrebbe esser così vivo se non controllato e indirizzato da chi opera nel buio del “dietro le quinte”: la “mostruosa” professionalità della Direzione di Scena di Chiara Tomassi; la precisione dell’Attrezzista Mirco Delle Fratte; le consuete/meravigliose Scene di Rosita Bellotti; le intuizioni Grafiche di Federica Iorio; la passionalità e la dedizione per il collante di tutto ciò con l’Assistenza alla Regia di Federica Di Stefano.
Ed un ringraziamento ancor più caloroso per tutto il Pubblico che si affeziona sempre di più al duro, continuativo e professionale, lavoro di tutte le “Marionette senza Fili”.
il regista
Claudio Tagliacozzo
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"Non tutti i Ladri vengono per nuocere"
Una commedia di Dario Fò.
Partendo da uno spunto “giallo”, l'irruzione in una casa lasciata per le vacanze da una coppia benestante, da parte di un ladro (dall’accento ciociaro), la narrazione prende subito una piega comica.
Il telefono squilla e a chiamare è la moglie del delinquente, ansiosa di sapere che tutto vada bene. In rapida successione entrano in scena anche gli altri personaggi, dal marito adulterino alla coniuge preoccupata per il non ritorno del marito malvivente. Alla fine sono sei, o meglio sette…, i personaggi a partecipare a quella che sempre più diventa una commedia giocata sull'equivoco.
Ad essere presa in giro è la classe borghese: ognuno dei suoi rappresentanti ha qualcosa da nascondere e di cui vergognarsi mentre il “vero” malvivente vive sinceramente la propria vita intima.
E' un gioco alla rovescia quello che viene messo in scena: gli imprevisti e i fraintendimenti si accumulano senza soluzione di continuità, non chiarendosi agli occhi dei personaggi, ma formando un gomitolo impossibile da sciogliere e per questo fatto direttamente rotolare via.
E' uno degli spettacoli teatrali più rappresentati in Italia. La ragione? Uno spettacolo divertente e dalle interpretazioni marcate.
Frutto della fantasia di Dario Fo che la scrisse assieme ad altre tre farse nel 1957 componendo lo spettacolo “Ladri, manichini e donne nude” . Fu un successo cui seguì poco dopo quello di “Comica Finale” e “Gli arcangeli giocano a flipper”. Furono i primi lavori del Premio Nobel, la politica era lontana, al centro c'era il teatro e le sue dinamiche.
Il secondo “sforzo” di questo 2009, con un cast davvero ben assortito!
Le caratterizzazioni di Giulio Nanni e Simona Bazzoffi (Ladro e moglie del ladro) dal tipico accento ciociaro, forniranno gli attimi più comici e confusionari della commedia.
La consueta meravigliosa scenografia (di Rosita Bellotti), ci fa vivere tutte le vicende nella casa di due coniugi Alberto Parsi e Daniela Benedetti (Uomo e Anna), con i loro rispettivi amanti, la stessa Rosita Bellotti (Donna) e Domenico Izzo (Antonio).
Sarà un Cammeo del giovane e promettente Mirco Delle Fratte a concludere le vicende, condite da una attenta Direzione di scena (Federica Di Stefano), e da una puntuale organizzazione dell’Assistente alla Regia (Claudia Grasso)…
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"La Locandiera" - una commedia di Carlo Goldoni - 1750
La storia si incentra sulle vicende di Mirandolina (MICAELA SANGERMANO), un'attraente e astuta giovane donna che gestisce a Firenze, con l'aiuto del suo cameriere Fabrizio (ALESSANDRO PINCI), una locanda ereditata dal padre.
Mirandolina viene costantemente corteggiata da ogni uomo che frequenta la locanda, e in modo particolare dal marchese di Forlipopoli (MASSIMILIANO BOSSI), un aristocratico decaduto a cui non rimane nient'altro se non il prestigioso titolo nobiliare, e dal conte d'Albafiorita (FRANCESCO LAVORGNA), un mercante che, arricchitosi, è entrato a far parte della nuova nobiltà. I due personaggi rappresentano gli estremi dell'alta società veneziana del tempo. Il marchese, avvalendosi esclusivamente del suo onore, è convinto che basti la sua protezione per conquistare il cuore della bella. Al contrario, il conte, crede che così come ha comperato il titolo, possa procurarsi l'amore di Mirandolina acquistandole numerosi regali. L'astuta locandiera, da buona mercante, non si concede a nessuno dei due, lasciando intatta l'illusione di una possibile conquista. I nobili clienti, invaghiti, tardano a lasciare l'osteria, e così facendo contribuiscono alla crescita del profitto della locanda.
L'arrivo del Cavaliere di Ripafratta (GIAMPIERO MARROCCO), un aristocratico altezzoso ed un misogino incallito che disprezza ogni donna, sconvolge il fragile equilibrio instauratosi nella locanda. Il Cavaliere, ancorato alle sue origini di sangue blu, lamentandosi del servizio scadente della locanda, detta ordini a Mirandolina, e rimprovera il conte ed il marchese di essersi abbassati a corteggiare una popolana.
Mirandolina, ferita nel suo orgoglio femminile e non essendo abituata ad essere trattata come una serva, si promette di far sì che il cavaliere s'innamori di lei.
In breve tempo, riesce nel suo intento: il Cavaliere cede, e tutto il sentimento d'odio che provava si tramuta in un appassionato amore che lo tormenta. Proprio il suo disprezzo verso il sesso femminile lo ha reso vulnerabile alle malizie della locandiera, poiché non conoscendo le armi nemiche non ha potuto difendersi.
Mirandolina, però, lo rifiuta appena vede che il suo gioco le sta sfuggendo di mano: il marchese ed il conte, notando le speciali attenzioni di Mirandolina rivolte al cavaliere, bruciano di gelosia e vogliono vendicarsi del loro comune rivale in amore. Il cavaliere dilaniato dai due sentimenti contrastanti, non vuole far sapere che è caduto vittima dei lacci di una donna, ma freme ansiosamente di avere la locandiera per sé, ed è disposto perfino a usare la violenza per realizzare il suo fine.
Rallegrano la scena due particolari commedianti, Ortensia (VALENTINA RIZZI) e Dejanira (SERENA SPIDALIERI) che si fan scambiare per dame, ed il servo del Cavaliere (GABRIELE FARINACCI) che resterà anch’esso intrappolato nella tela della bella locandiera.
In tutto questo marasma di azioni e sentimenti, l’unico a dover subir tutto è sempre e solo il povero Fabrizio, che sperando nel giudizio di Mirandolina, freme di gelosia, e trattiene l’intima ira. Riuscirà Mirandolina ad uscire dal complesso gomitolo di passioni?
Un cast davvero eccezionale, ove si notano l’esperienza, la presenza scenica, ed il talento di tutto gli attori.
Un scenografia (Rosita Bellotti) realistica, ci fa vivere tutte le vicende nel cortile -una insolita sala pranzo- della locanda, il tutto condito da una attenta scelta degli oggetti di scena (Chiara Tomassi), da costumi e trucchi spettacolari (Marta Grassi) e da suggestive musiche di Mozart e Vivaldi.
Ogni single componente registico dello spettacolo, è stato infine coeso e impreziosito, dall’attenta supervisione dell’Assistente alla Regia (Federica Di Stefano)…
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"Ho sposato sette donne"
trama:
le vicende di un industriale, il commendator Torquato Satolli, che si trova a “combattere” giornalmente non solo con la propria -infantile- moglie (Violina), ma soprattutto con la Suocera (l’ex cantante lirica donna Rumilda), la cameriera personale della stessa suocera (Vittorina) e le quattro cognate (in scena solo in tre – Corifea, Ottina, Clarinetta) figlie tutte di padri diversi, e tutti facenti parti del mondo della lirica.
A scatenare il putiferio in casa Satolli, sono la concomitante vicenda dell’errata notizia della morte del Commendator, che viene recepita da uno strano centralinista (Gennaro), e che ben presto manda in confusione tutti i dipendenti (la bella segretaria/amante e il rigido Ingegnere Galletti) dello stesso Satolli, e dell’incidente del fidato Ragionier Semplicio, che nelle grinfie delle tre sorelle zitelle, perde la memoria in uno strano incidente stradale.
Un cammeo per l’avventuriera madre di Torquato (donna Elvira) che piomba in casa per far si che sia un funerale indimenticabile, e di una coppia di becchini (Aralda ed Aroldo) che passano da truffatori a tuttofare in casa Satolli.
Il tutto in attesa di un dottore che non arriva mai, perché impegnato ad “occupare il tempo” con LE clienti a domicilio.
Ma le tragedie per il povero ed angusto Commendatore non finiscono mai…un finale tragico per lui…molto comico per le “SUE” donne…
Risate e colpi di scena per una commedia che proietta lo spettatore ad immedesimarsi nei personaggi che si susseguono.
Un anno di lavoro, per amalgamare un gruppo di attori creati proprio per questo spettacolo.
Come ci ha già abituato in passato, magnifica la scenografia di Rosita Bellotti, e l’accurata scelta degli abiti di scena e dei trucchi/acconciature, il tutto rigorosamente anni 60, di Marta Grassi.
La regia di Claudio Tagliacozzo definita “mista”, ovvero complessa nei movimenti di 16 attori (spesso contemporaneamente in scena), e semplice ed allegra nell’impersonificare gli stessi in ruoli tanto diversi dalle loro personalità. Un perfetto mix di rigidità tecnica, e di caratterizzazione puntigliosa dei personaggi.
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"Il barone Lamberto"
C'era due volte il Barone Lamberto è una novella per ragazzi scritta da Gianni Rodari nella forma del romanzo breve, adattata infine per il palcoscenico.
Perfetta rappresentazione per unire la didattica imparata nei primi sei mesi di corso e la comicità di uno spettacolo completo, che quindi va oltre il classico saggio di fine scuola.
Trama
Il vecchio e ricchissimo novantenne Barone Lamberto vive in una villa nell'isola di San Giulio con il maggiordomo Anselmo e 3 persone che vengono pagate dal barone come impiegati per ripetere sempre a turno il suo nome, meccanismo che tiene in vita il Barone. La loro voce arriva in filodiffusione in tutto il palazzo del barone attraverso un sistema di amplificazione. Giorno dopo giorno, il Barone ringiovanisce sempre di più, perfettamente come spiega un detto dell'antica religione egiziana: "l'uomo il cui nome è detto resta in vita".
Intanto Ottavio, unico suo familiare ancora in vita, studia un piano per ucciderlo, per poi ottenere l'eredità dello zio per pagare i propri debiti.
Un giorno San Giulio viene occupata dai banditi, i quali sequestrano il barone, chiedendo continui riscatti ai direttori delle sue 24 banche.
Intanto Ottavio, riesce a mettere nel pranzo delle 3 persone un sonnifero: in tal modo esse, addormentandosi, non possono più mantenere vivo il Barone, che muore.
I banditi, sapendo che il Barone non poteva fruttare loro più nulla decidono di fuggire con una gigantesca mongolfiera.
Anselmo licenzia in tronco le 3 persone, ma improvvisamente durante il funerale il barone risuscita e il suo percorso di vita sembra capovolgersi: da vecchio novantenne torna ad essere un bambino di 7 anni.
C'era due volte il barone Lamberto è una metafora sull'esistenza umana e sul rapporto tra la fama, la vita e la morte che lo stesso autore, nella prefazione del libro, spiega come un riferimento ad un detto dell'antica religione egiziana: "l'uomo il cui nome è detto resta in vita".
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"Il fantasma di Canterville"
Da una commedia di Oscar Wilde....
Il fantasma di Canterville è una parodia delle tante storie di fantasmi del folklore scozzese. Una famiglia americana, la famiglia OTIS, acquista il castello di Canterville, in Inghilterra e vi si trasferisce. Questo risulta abitato dal fantasma di un certo Sir Simon de Canterville, antico proprietario e uxoricida. L’ambasciatore americano ( Hiram Otis) ministro degli Stati Uniti, non si lascia intimidire dalle voci che corrono in quel luogo. La famiglia Otis e' composta, oltre che dal Signor Otis e sua moglie Lucrezia, da quattro figli: Washington, il maggiore, Virginia, una graziosa e dolce ragazzina di diciassette anni e due scatenati gemelli, Timb e Tomb. Il giorno in cui si trasferiscono nella nuova dimora la famiglia Otis scopre sul pavimento del salotto una macchia di sangue che, racconta loro la governante, la signora Umney, apparteneva alla moglie del presunto fantasma, da lui assassinata 300 anni prima. La famiglia non si impressiona per nulla, ma, con l'intraprendenza e la praticita' tipica degli americani, provvede immediatamente a ripulire il pavimento con il loro tuttofare Pinkerton, lo smacchiatore universale!Durante le notti seguenti il fantasma, che realmente esisteva, infuriato per non essere stato preso sul serio dai nuovi inquilini, prova ripetutamente a spaventarli. L'effetto comico si sviluppa dall'atteggiamento scettico e pragmatico degli Otis, che porta al fallimento di tutti i tentativi del fantasma di terrorizzare la famiglia, in modo che si decidano a levare le tende. Infine il colpo di grazia lo riceve quando, assalito all'improvviso dai due gemelli e da Washington, e' costretto ad una vergognosa ritirata. Alla fine, però, Virginia, la figlia maggiore del signor Otis, cerca di instaurare un rapporto con lo spettro, e ci riesce.
Un giorno mentre siede triste, ed ormai rassegnato, suscita la compassione della giovane Virginia. Gli racconta la sua terribile storia e Le dice di essere tanto stanco perchè non dorme da 300 anni e la implora di intercedere per lui e aiutarlo cosi' a morire e trovare finalmente pace. Virginia commossa decide di aiutarlo e lo accompagna nel giardino della morte; pregando per la salvezza della sua anima, gli fa ottenere il perdono Divino. In questo tempo la sua famiglia la cerca inutilmente, finché, a mezzanotte, ricompare. Mentre tutta la famiglia felice di aver ritrovato la sua cara figlia, s'accorge che il vecchio mandorlo del giardino e' rifiorito: l'anima di Lord Canterville e' stata perdonata e ha trovato la pace.
Divertimento e commozione sono gli ingredienti giusti di questa affascinante storia ma grazie anche ad un eccezionale cast di primo livello, ove spiccano la maestrale esperienza di Beatrice Palumbo, la puntuale capacità di metamorfosi di Alessandra Musìo e le mille maschere di Bruno Anecchini; unite al talento della giovane –finalmente in un ruolo drammatico- Alessandra Tomassi, e la prepotente presenza scenica di Domenico Izzo, ma soprattutto con l’esordio sulle magiche tavole dei più piccoli, Samuele e Davide Ravà, che sembrano esser stati creati per l’arte della recitazione; ed infine il fantasma, Claudio Tagliacozzo, che dopo aver dedicato i suoi primi dieci anni nel teatro, dirigendo ed insegnando recitazione, in questo 2008, dopo la comparsa (nel ruolo di Umberto) nella multimediale “Filomena Marturano” di Gianni Giaconia
(gennaio 2008), e dopo il ruolo da protagonista (Shylock) nel “Mercante di Venezia” di Claudio Aufieri (febbraio 2008), per la prima volta firma la regia di uno spettacolo che spadroneggia ANCHE direttamente con il pubblico; un anno di “folle” parentesi, che è servita per ampliare le proprie conoscenze, e per provare ancor più forti e vitali emozioni. Ma risulta fondamentale il lavoro di chi è dietro le quinte, che dalle scene ai rumori (rigorosamente dal vivo), dalle luci ai costumi & trucchi, vengono magnificamente orchestrati dalle “spalle” della regia: la direzione di scena (Federica Iorio), l’Aiuto Regia (Claudia Aufieri) e da una attenta produzione esecutiva (Maurizio Ravà).
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"Il mercante di Venezia"
Una storia di banale usura. Certo. Ma con qualcosa in più: il conflitto razziale, razzista, tra cristiani ed ebrei, ad esempio, che nasconde un dissidio economico tra i cristiani “buoni” e gli ebrei “malvagi”, che guadagnano prestando soldi ad usura (pratica legale e legalizzata, sostituita poi dai mutui bancari). Lo stesso conflitto razziale che sfocia nell’amore tra un cristiano e un’ebrea, Gessica figlia di Shylock, che fugge con i soldi del padre in una visione unilaterale del castigo: portare via i soldi a chi lo ha accumulato con disonestà! E poi anche la storia d’amore tra Bassanio, il “bamboccione” di turno, e la bella Porzia, non velina né letterina, ma astuta e istruita tanto da spacciarsi da avvocato e determinare la distruzione economica e morale dell’Ebreo Shylock. E sullo sfondo ma con la rivalsa di intitolare il dramma, il buon Antonio, il Mercante di Venezia, velatamente gay, che sacrifica ogni avere e la sua stessa vita per aiutare, in un atto di supremo sacrificio, il “bamboccione”, che lui ama in silenzio, a conquistare l’amata Porzia.
In un turbinio di personaggi (non ce ne voglia Lorenzo, l’amante della figlia dell’Ebreo, che abbiamo sacrificato!) spicca Graziano, l’amico del cuore del “bamboccione” Bassanio, e Nerissa, l’amica e confidente della bella Porzia, che poi convoleranno a giuste nozze... Saleria e Solania, le due amiche di Graziano, forse di non morigerati costumi ma attente alle disgrazie di Antonio... La “maschera” Lancillotto, servo prima dell’Ebreo e poi del Cristiano, e suo padre il Gobbo, nella scena più comica della commedia, e infine il perfido Tubal, faccendiere dell’Ebreo. E la Giustizia, bianca come la purezza, la verità incontaminata, l’onestà, che parla al posto del Doge, immobile pupazzo sclerotizzato da leggi inutili e sentenze di parte.
Una Marionetta, siamo in pieno carnevale e a Venezia!, tira le fila della vicenda apparendo e scomparendo in un turbinio di veli, mossa da due Danzatrici (il Vero e il Falso o il Bene e il Male o il Giusto e l’Ingiusto?) che ci accompagnano per i due atti della commedia.
Infine due Maschere che cercheranno di spiegarci cosa abbiamo visto e sentito, se ciò sia accaduto o se lo abbiamo immaginato..., se i personaggi erano veri o solamente finzioni perché probabilmente...
... il mondo è un palcoscenico dove ad ogni uomo tocca recitare una parte...
Claudio Aufieri
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"Camere da letto"
Camere da letto” è una commedia brillante e amara che racconta, in un incastro perfetto ed esilarante, la precarietà della vita matrimoniale, la difficoltà dei rapporti genitori/figli, le nevrosi e le gioie dei rapporti coniugali, la sessualità irrisolta o vissuta come tabù di quattro coppie della middle class inglese. La commedia si svolge nell’arco di tempo di un sabato sera e sceglie come luogo fisico, mentale e nevralgico, lo spazio di tre diverse camere da letto per ambientare degli spaccati di vita quotidiana, improvvisamente movimentati da colpi di scena e visite impreviste che mettono in discussione i già precari equilibri della vita familiare. E questo perché, come Ayckbourn fa dire a “Delia” fin dalle prime battute, “…da una camera da letto si capiscono tante cose…”. L’aperitivo di questa vicenda già fa sorridere e riflettere: quattro coppie e...tre camere da letto! Già, perché sarà proprio la coppia “Trevor” e “Susanna” che si insinuerà tra le altre tre, a metter caos e nervi in frantumi. Per non parlar poi degli attempati “Delia” ed “Ernest”, che già si ritrovano alle prese con la (solita) cena (fregatura) di anniversario e soffitti che perdono acqua, ed in più subiscono, ed assorbono, in piena notte, gli isterismi di una nuora snervante. Non può mancare la coppia “aperta”, formata da “Nick”, costretto a letto da un “colpo della strega” e di quella deliziosa “strega” della sua consorte “Jane” che se ne va ad una festa con sentimento e fantasia! Festa che è data, per inaugurare la nuova casa, da “Malcolm” e “Kate”, la quarta coppia! E festa che viene rovinata dai soliti due senza fissa dimora. Le camere sono quindi tre, con altrettante coppie che disperatamente tentano di richiudersi nella più intima delle stanza –la camera da letto appunto-, con il desiderio di star bene, soli, nella loro intimità. Ma ciò non avviene, per il verificarsi di una serie di situazioni prevedibili ed imprevedibili, che in una maniera o nell’altra ci fanno ricordare episodi della nostra vita e ci portano quindi a sorridere, e spesso a ridere di gusto. Merito di un testo che si può definire “commedia elegantemente raffinata”, a voler dimostrare che non c’è bisogno di volgarità e doppi sensi per far ridere il pubblico; merito anche di una regia “allegra” e “spensierata”, mirata al movimento continuo nel trambusto di tre piccoli spazi scenici; e merito degli attori in scena che pur essendo alla loro prima esperienza, lasciano traspirare passione ed impegno, ingredienti che premiano sicuramente!
Claudio Tagliacozzo
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"Angeli all'inferno"
di Francesco Silvestri
In una baracca al limite della civiltà, rigettati dagli istituti psichiatrici, sopravvivendo in un loro ordinato caos, nello squallore di una periferia fra discariche, auto che sfrecciano e fari indagatori, troviamo tre innocenti barboni da me emblematicamente battezzati Giulia, Teresa e Mammina.
Sono tre reietti loro malgrado, dunque innocenti, dunque angeli, che scivolano nello scorrere del tempo, chiusi nel loro mondo, fra ordini impartiti, bacetti dispensati, gravidanze insperate ed il frutto di un amore restituito dalla spazzatura.
Perduti per sempre, con il loro candore violento, il loro vagare tra amore e crudeltà, nella loro recita quotidiana per virare d’altre tinte una non-vita.
In questo angolo di paradiso, fitto di citazioni ed omaggi alla drammaturgia della terra nativa del Maestro Silvestri, si intrecciano fiabe, liturgie, riferimenti biblici, scemi e santi, creaturine sperse, immacolate e diavoli, ali angeliche e rifiuti organici, il tutto tra l’acqua del mare, echi di messe e forte luce di una Luna temuta ed adorata.
E’ un frammento di presepe torbido e inquietante, con trame che procedono parallele e si intrecciano fra evocazioni del passato e proiezioni in un aldilà inconoscibile e, forse, inesistente.
“Angeli all’inferno”, è un fiorire continuo di visioni: la luna come ”una mamma bella”, un fanciullo che liberato dalle atrocità del quotidiano riesce a prendere il suo posto tra gli angeli, fino a piume, che spuntano non per caso a punire e lodare la bontà di un animo…sono voli della poesia e della fantasia, a volte surreali, altre volte docilmente fiabeschi.
“La Luna è una Mamma bella” è la chiave di tutto, o di niente. Incertezze dovute a questo dramma quotidiano, raccontato in una storia definibile per i “pignoli del Generi” come una commedia grottesca, che ha nella sua tragicità, risvolti drammatici nonché comicamente acidi.
Una regia “pratica”, per una visione “pratica” del vivere la storia, lasciando che il testo entri nelle menti e nelle ossa di chi si trova a vivere con i nostri “angeli”.
Scrupolosamente attento ad ogni spunto della piece, nella mia regia, ho rielaborato paradossalmente “Giulia” e “Teresa” dettati nell’originale dall’Autore come “Pietro” ed ”Emanuele”. Una diversa visione, quindi, che non lascia l’amaro in bocca, anzi, ci rapisce ed incuriosisce, prendendo la spinta necessaria su dogmi che affiorano lampanti: l’asessualità degli angeli, unita alla protezione materna che gli stessi, stranamente…, fanno emergere.
Un eccezionale cast, tre attrici uguali e diverse, grazie alle quali si mescolano omogeneamente tre stili derivanti da altrettanti metodi di interpretazione, con una scena capace di amalgamare, e con effetti sonori e di illuminazione sapientemente miscelati.
Da non sottovalutare assolutamente come tutto sia perfettamente raccontato con le musiche di uno tra i più imponenti veri compositori del panorama italiano: SERGIO CAMMARIERE, che con i brani del suo album “SUL SENTIERO” ha catturato ed inspirato letteralmente la regia. E’ incredibile come i suoi versi e nelle sue sonorità, sembrano aver preso vita dopo aver giocato con la mente dell’autore.
Testi talmente confacenti che è stata una scelta “felicemente forzata” quella di usare le stesse canzoni come un cantastorie, quasi a giovare lo spettatore nella ricerca della concentrazione giusta per un testo così profondo, e a dare “informazioni” ulteriori a supporto delle battute.
Un omaggio al Maestro Silvestri Francesco, autore/attore/regista,
al quale Claudio Tagliacozzo DEVE l’accendersi della morbosa passione per l’arte teatrale:
“..la Regina delle Arti..”.
Claudio Tagliacozzo
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"La guerra di Martin"
…A più di dieci anni dal suo inizio, la guerra tra l’emisfero superiore e quello inferiore continua incessante senza mostrare alcuno spiraglio di conclusione. I combattenti infatti…
Proprio così ha inizio questa brillante commedia scritta dall’autore-attore-regista Francesco Silvestri in tenera età.
L’autore, che ha collaborato in passato con la compagnia, affronta ne “La guerra di Martin” temi non proprio sottili, come quello della guerra, della morte, ecc; il tutto però e rallegrato e reso più “leggero” proprio da questo personaggio, Martin: uno scemo legale, con tanto di certificato, che va contro ogni forma di guerra e di violenza svolgendo un compito inusuale ma che a volte vale più di qualsiasi altra cosa: regalare ricordi a tutti, a tutto il mondo, a chiunque in un determinato momento della sua vita possa trovarsi in difficoltà. Questo piccolo gesto può aiutare a far nascere di nuovo il sole in ognuno di noi…
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"Il consensiente"
"Il consenziente e il dissenziente", scritto nel 1929, appartiene al periodo del "teatro didattico" di Bertolt Brecht, che rappresenta in esso uno scontro di tesi opposte e sollecita gli spettatori alla riflessione.
In quest' opera Brecht vuole insegnarci che dobbiamo "dissentire dalle antiche usanze" che ci appaiono ingiuste, e "riflettere a fondo ogni volta che la situazione cambia".
Questo è il primo spettacolo che la Compagnia (che nel 2000 prende il nome di Marionette senza Fili) ha prodotto, quando ancora tutte le attività si svolgevano all’interno dell’Istituto Tecnico e Commerciale Luigi Luzzatti di Palestrina.
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